Mentre il sole tramonta, gli uccelli fanno un piacevole trambusto per accaparrarsi il ramo migliore, bendisposti a sfruttare quel che mette a disposizione questo pezzetto di terra.
Ho una scrivania provvisoria proprio vicino alla finestra, da cui ora, dopo il caldo di oggi, entra un bel fresco.
Sono rimasto qui da solo qualche giorno. Non è facile farlo accadere, ma ogni tanto succede. Sono fatto così. Per quanto io sia da solo per la maggior parte della giornata quasi tutto l’anno, ho bisogno di periodi in cui esserlo ancora di più, soprattutto in un posto tranquillo. E’ qualcosa per cui chi ti sta vicino paga un prezzo, ma l’arte di conciliare le varie esigenze della vita senza perdere identità non è mai stata indolore.
Ci sarebbe tanto da dire su questa situazione e questo momento della mia vita. Ad esempio, quanto sia importante che mia moglie abbia finalmente avuto l’opportunità di far rinascere questa vecchia casa, il cui pino che la sorveglia è stato piantato esattamente in occasione della sua nascita. O che un altro ciclo di vita si sia chiuso, ma che il prossimo sembri vicino come l’altra sponda, al di là di pericolose correnti. O che le mie identità, per quanto tutte autentiche, si siano di nuovo moltiplicate come una famiglia di conigli.
Tuttavia, non mi va di parlarne. Ci sarebbe troppo da dire, troppo da entrare nel privato, troppo da coinvolgere altre persone, senza neanche rendere giustizia a ciò che non può essere semplicemente raccontato. Per poi cosa?
Forse, semplicemente, non sono uno scrittore. Uno scrittore non dovrebbe avere questi timori. Dicono. Ma sarà vero?
Quando mai qualcuno conosce davvero chi siamo? Quando mai si racconta tutto, ma proprio tutto, di noi?
La verità è che chi sei veramente, il tuo vissuto più profondo, vive e muore con te. Qualcosa traspare. Qualcosa condividi. Qualcosa passa a chi ti è vicino. Forse addirittura qualcosa si tramanda. Ma solo qualcosa, mai tutto. Anche se verrai ricordato da qualcuno, per un po’, lo sarà solo una piccola parte di te.
Neanche serve, che qualcuno ti conosca davvero. Agli altri serve e interessa, giustamente, solo qualche parte, di te. Anche se spiace, e a volte fa più male del solito. Ma non potrebbe essere diversamente.
E se anche, per assurdo, qualcuno assecondasse quest’egoistica esigenza, conoscesse davvero il complesso percorso che ha portato a quel che sei, ne rimarrebbe davvero qualcosa?
Ecco, ora io sento che è proprio inutile dire cosa mi passi per la testa in questa serata, serata che ho immaginato la prima sera che sono rimasto qui da solo, e in cui sono stato trasportato con un tunnel temporale, come se i giorni in mezzo siano trascorsi in un racconto, vissuti da qualcun altro.
Eppure, ero qui io. Eppure, il tempo è passato. E passerà ancora. E tra una settimana sembrerà strano, e triste, che questa sera sia passata. Sono qui e, al tempo stesso, già non ci sono.
Questo e decine di altri pensieri, anche più impellenti e triviali, formano la complessa e temporanea impalcatura del mio io di oggi. Vissuto solo da me. Che rimarrà in me, finché ci sarò, e non oltre. Che rimarrebbe solo in me anche se tentassi di condividerlo.
Quindi quest’io, che ora c’è, ma che sappiamo già non esserci più, specialmente quando verranno lette queste poche righe, ora smette di battere tasti e lascia che il silenzio e il buio invadano la stanza. Cosa che, prima o poi, succederà comunque.
È tempo di lasciar entrare il frinire dei grilli.